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sabato 12 maggio 2012

FARMACODIPENDENTI

Buon giorno a tutti. 
Oggi desidero dare un seguito al precedente articolo "BIG MEDICINE: protegge davvero la nostra salute?


Affronterò un'altre realtà mondiale: Perché la maggior parte delle persone sono "Farmacodipendenti".


Continuiamo a raccontare la storia del Dr. John McDougall.


John aveva toccato un'altra area importante in cui la professione medica ha preso credibilità: i suoi legami con l'Industria Farmacologica. La formazione medica e le case farmaceutiche sono in combutta e non da poco tempo. 
John ci ha parlato un po' della portata del problema e di come il sistema formativo sia stato corrotto:


<<Il problema con i medici incomincia con la nostra formazione. L'intero sistema è finanziato dall'industria farmacologica, dalla formazione alla ricerca. L'Industria farmaceutica ha comprato le menti della professione medica: tutto ha inizio il giorno in cui si entra nell'Università. L'intero percorso di studi è sostenuto dalle case farmaceutiche.


John non è solo nella sua critica al modo in cui gli ambienti medici si associano con l'industria farmaceutica: molti eminenti scienziati hanno pubblicato osservazioni duramente critiche che dimostrano quanto il sistema sia diventato corrotto. Questi i commenti più comuni:



  • L'industria farmaceutica si ingrazia gli studenti di medicina con omaggi, fra cui inviti al ristorante, svaghi e viaggi; eventi didattici, comprese conferenze, che sono poco più che pubblicità per i medicinali, e congressi con relatori che sono poco più che portavoce delle case farmaceutiche stesse.
  • Di fatto, gli specializzandi (medici interni) e altri medici modificano le loro abitudini in fatto di prescrizioni secondo le informazioni fornite dai rappresentanti delle case farmaceutiche, anche se è noto che queste informazioni sono <<eccessivamente positive e le prescrizioni risultano perciò meno indicate>>.
  • La ricerca e la medicina accademica non fanno che seguire le direttive dell'industria farmaceutica. Questo accade perché potranno verificarsi le seguenti situazioni: le case farmaceutiche, e non i ricercatori, stabiliscono l'impianto della ricerca, il che permette loro di "addomesticare" lo studio, i ricercatori hanno un interesse finanziario diretto nella società farmaceutica il cui prodotto stanno studiando. la casa farmaceutica è responsabile di raccogliere e confrontare i dati grezzi e poi permette ai ricercatori di prenderne visione solo in maniera selettiva; la casa farmaceutica mantiene il diritto di veto relativamente alla pubblicazione o meno dei risultati e detiene i diritti editoriali su qualunque pubblicazione scientifica risultante dalla ricerca; la casa farmaceutica ingaggia un'azienda di comunicazione e le affida la stesura dell'articolo scientifico, e poi trova ricercatori disposti ad apporre il proprio nome in qualità di autori dell'articolo a redazione ultimata.
  • Le più prestigiose riviste scientifiche sono diventate poco più che veicoli di marketing per le case farmaceutiche: la loro fonte principale di reddito sono le pubblicità di farmaci. Questa pubblicità non viene adeguatamente presa in esame dalla rivista e le aziende spesso fanno affermazioni fuorvianti sui farmaci di loro produzione. Ma, ciò che è forse più sconcertante, la maggior parte della ricerca clinica sperimentale riportata dalle riviste è sovvenzionata dalle aziende farmaceutiche e gli interessi finanziari dei ricercatori coinvolti non sono pienamente riconosciuti.

Negli ultimi due o tre anni ci sono stati scandali ampiamente pubblicizzati in centri medici di primo piano che confermano queste imputazioni. In un caso l'integrità di una scienziata era stata diffamata in vari modi sia da una casa farmaceutica, sia dall'amministrazione universitaria da cui dipendeva, dopo che la ricercatrice aveva scoperto che un farmaco da lei esaminato aveva forti effetti collaterali e perdeva efficacia. In un altro caso uno scienziato che aveva parlato con schiettezza dei possibili effetti collaterali degli antidepressivi, aveva perso un'opportunità di lavoro all'Università di Toronto. Gli esempi potrebbero continuare all'infinito.
La dott.ssa Marcia Angell, ex direttrice del New England Journal of Medicine ha scritto uno sferzante editoriale dal titolo "La medicina accademica è in vendita?":

<<I legami fra i ricercatori clinici e l'industria non comprendono soltanto i finanziamenti alla ricerca, ma anche una serie di altri accordi finanziari. I ricercatori fungono da consulenti per le aziende di cui studiano i prodotti, entrano a far parte dei comitati consultivi e delle agenzie di conferenzieri, hanno accesso ad accordi in merito a brevetti e relativi diritti, accettano di essere gli autori firmatari di articoli scritti da ghost-writer  delle aziende interessate, promuovono farmaci e apparecchiature nell'ambito di convegni sponsorizzati dalle aziende e si fanno omaggiare regali costosi e viaggi in ambienti esclusivi. Molti di loro hanno anche partecipazioni azionarie nelle aziende>>.

La dott.ssa Angell prosegue affermando che questi comuni interessi finanziari spesso falsano in modo significativo la ricerca, sia per il tipo di lavoro che viene condotto, sia per ilo modo in cui esso viene riportato. Ancora più rischioso del pericolo di dati falsati è il fatto che l'unico tipo di ricerca finanziata e riconosciuta sia quella sui farmaci. Le ricerche sulle cause delle malattie e sugli interventi non farmacologici non vengono per nulla attuate nell'ambito della formazione medica. I ricercatori accademici,  per esempio, potranno essere impegnati in un'attività furibonda alla ricerca della pillola per combattere i sintomi dell'obesità, ma non dedicheranno né tempo né denaro a insegnare alla gente come condurre una vita più sana. La dott.ssa Angell scrive: 

<<In termini di formazione, gli studenti di medicina e gli specializzandi, sotto la tutela costante dei rappresentanti dell'industria farmaceutica, imparano a fare affidamento sui farmaci e sulle apparecchiature mediche in misura maggiore di quanto probabilmente dovrebbero. Come gli oppositori della medicina così spesso denunciano, i neolaureati imparano che per ogni problema c'è una pillola  e un altro informatore farmaceutico per illustrarla. Si abituano anche a ricevere omaggi e favori da un'industria che usa queste cortesie per influenzare il percorso di aggiornamento. I centri medici universitari, acconsentendo a diventare avamposti di ricerca dell'industria, contribuiscono all'eccessiva enfasi su medicinali e apparecchiature mediche.

E' possibile, in questo ambiente, assegnare alla nutrizione la giusta e meritata considerazione? Sebbene le nostre più frequenti cause di morte si possono prevenire e addirittura far regredire ricorrendo a una buona alimentazione, sarà il vostro medico . a parlarvene? Non fintanto che l'ambiente non cambia nelle nostre università e nei nostri ospedali, e non se il vostro medico non avrà deciso che la prassi medica standard, che viene attualmente insegnata, non funziona e non avrà stabilito di dedicare un congruo periodo di tempo al proprio auto aggiornamento in fatto di buona alimentazione. E per far questo ci vuole una persona speciale.
La situazione è deteriorate al punto che McDougall ha affermato: <<Non so più cosa credere. Quando leggo un articolo che afferma che devo somministrare ai miei pazienti i betabloccanti a gli ACE-inibitori, due categorie di farmaci per il cuore, non so se crederci. Davvero non so se è vero, perché la ricerca farmacologica è così corrotta>>.
Pensate che i titoli di giornale che seguono siano collegati?

"Le università riferiscono di conflitti di interessi nella ricerca" fra case farmaceutiche e ricercatori. 
"Sempre più farmaci ai bambini secondo una ricerca".
"Indagine: molte linee guida scritte da medici legati alle aziende".
Gravi danni dai farmaci regolarmente prescritti: milioni di casi di reazione tossica".

Permettere queste aberrazioni costa un prezzo altissimo. Una recente ricerca ha riscontrato che un nuovo farmaco su cinque dovrà essere contrassegnato da un "riquadro nero" indicante una reazione avversa precedentemente ignota che può portare alla morte o a un grave danno, oppure dovrà essere ritirato dal mercato entro 25 anni. Il 20% di tutti i nuovi medicinali ha gravi effetti collaterali non noti e ogni anno muoiono più di 100.000 americani in seguito alla corretta  assunzione di farmaci regolarmente prescritti. Si tratta di una delle principali cause di morte in America!


La sorte di McDougall

Dopo aver completato la sua regolare formazione, il dott. McDougall aveva avviato uno studio medico sull'isola hawaiana di Oahu. Aveva cominciato a scrivere libri su alimentazione e salute e si era creato una fama a livello nazionale. A metà degli anni 80 John era stato contattato dal St. Helena Hospital nella Napa Valley, California, che gli aveva offerto un posto da direttore del suo centro di medicina preventiva. Si trattava di un Ospedale Avventista del Settimo Giorno. E' noto che questa confessione incoraggia i seguaci a seguire una dieta vegetariana (anche se consumano quantità superiori alla media di latticini). Era un'opportunità troppo allettante per lasciarsela sfuggire, e John aveva lasciato le Hawaii diretto in California.
Per molti anni John si era sentito a casa al St. Helena. Insegnava scienza dell'alimentazione e utilizzava la dieta per curare pazienti affetti da malattie croniche, ottenendo risultati straordinari. Aveva avuto in terapia più di duemila pazienti gravemente malati e, nel corso di sedici anni, non era mai stato deninciato e neppure aveva mai ricevuto una lettera di lamentela. Ma, cosa ancora più importante, John aveva visto i suoi pazienti recuperare la salute. Per tutto quel periodo aveva proseguito l'attività di autore di libri, mantenendo la sua fama a livello nazionale. Con il passare del tempo aveva però compreso che la situazione non era esattamente la stessa di quando aveva iniziato. La sua insoddisfazione cresceva. 
Di quegli anni McDougall ricorda: <<Semplicemente pensavo che non stavo approdando a nulla. Il programma seguiva 150-170 pazienti l'anno e finiva tutto lì. Non c'era crescita. Non ottenevo sostegno dall'ospedale e nel tempo si erano avvicendati parecchi amministratori>>.

Aveva avuto piccoli scontri con gli altri medici dell'ospedale. A un certo punto il reparto di cardiologia si era opposto alle terapie di John per i pazienti cardiopatici. La sua replica era stata: <<Ho una proposta: vi mando tutti i miei pazienti cardiopatici per avere un secondo parere se voi mi mandate i vostri>>. Era un'offerta interessante, ma non era stata accettata. In un'altra  occasione aveva mandato un paziente da un cardiologo e questi gli aveva detto, sbagliando, che doveva sottoporsi ad un intervento di bypass. Dopo un paio di incidenti simili, John aveva raggiunto il limite della pazienza. Alla fine, quando aveva telefonato al collega e gli aveva detto: <<Vorrei parlarne con te e con il paziente: vorrei discutere la letteratura scientifica che ti porta a fare questo tipo di raccomandazione>>. Il cardiologo aveva rifiutato e John aveva ribattuto: <<Perché no? Hai appena consigliato al paziente di farsi aprire il cuore! E gli chiederai 50.000 o 100.000 dollari per il disturbo. Perché non ne parliamo a fondo? Non pensi che sarebbe corretto nei confronti del paziente?>>: Ma quella era stata l'ultima volta che aveva proposto un'operazione chirurgica ad uno dei pazienti di John.
Per tutto quel tempo nessuno degli altri medici dell'ospedali aveva mai mandato un paziente a John: non una sola volte. Gli inviavano le proprie mogli e i propri figli per una visita, ma non gli avrebbero ma passato uno dei propri pazienti. Questo secondo John era il motivo:

<<Erano preoccupati per quello che sarebbe potuto succedere se i lor pazienti fossero venuti a farsi visitare, ed era una cosa che capitava di continuo se i pazienti trovavano la strada da soli. Venivano da me con una cardiopatia o con la pressione alta o il diabete. Io li mettevo a dieta e loro smettevano di prendere tutte le loro pillole e presto i valori tornavano normali. Allora tornavano dai loro medici e dicevano:"Perché diavolo non me lo ha detto prima? Perché mi ha lasciato soffrire, spendere tutti quei soldi e quasi morire, quando non dovevo fare altro che magiare pappa d'avena?". E loro non volevano sentirselo dire>>.


C'erano stati altri momenti di attrito fra John e l'ospedale, ma l'ultima goccia aveva riguardato il programma per la sclerosi multipla del dott. Roy Swank. Quando era venuto a sapere che Swank era sul punto di andare in pensione, John l'aveva contattato: lo conosceva e lo rispettava da molto tempo e gli aveva offerto di rilevare il programma per la sclerosi multipla da lui creato e di incorporarlo nella sua clinica di medicina preventiva al St. Helena Hospital, preservandolo in ossequio al dott. Swank. Con sua grande soddisfazione Swank aveva accettato. Come John faceva notare, c'erano quattro ragioni a indicare che si trattava di un accordo ideale per il St. Helena:

  • corrispondeva alla filosofia degli avventisti: terapia dietetica delle malattie;
  • si sarebbero aiutate persone che ne avevano disperatamente bisogno;
  • avrebbe raddoppiato l'utenza, contribuendo a far crescere il programma;
  • non sarebbe costato quasi nulla.
Così aveva portato la proposta alla primaria del suo reparto, che dopo averlo ascoltato, gli aveva detto di non pensare che l'ospedale intendesse acconsentire. Gli aveva dichiarato: <<Be', non credo cge vogliamo introdurre programmi nuovi in questo momento>>. Sconcertato, John le aveva chiesto: <<Per favore, mi dica perché. Cosa significa essere un ospedale? Perché siamo quì? Pensavo che il nostro compito fosse prenderci cura della gente malata>>.
La reazione della direttrice era stat un vero programma: <<Certo che siamo quì per questo, ma sa, i pazienti di SM non sono gente facile. Lei stesso mi ha detto che alla maggior parte dei neurologi non piace occuparsene>>. John non riusciva a credere a quanto aveva appena ascoltato. In un momento di grande tensione aveva detto: 

<<Aspetti un momento: sono un medico e questo è un ospedale. A quanto ne so, il nostro lavoro è alleviare le sofferenze de malati. Solo perché gli altri medici non riescono ad aiutarli nella loro sofferenza, ciò non significa che non ci riusciamo anche noi. Quì ci sono le prove scientifiche che dicono che possiamo: ho una terapia efficace per le persone che hanno bisogno delle mie cure e questo è un ospedale. MI vuole spiegare perché non vogliamo prenderci cura di questo tipo di pazienti?>>. Poi aveva continuato: <<Voglio parlare con la direttrice dell'ospedale e voglio spiegarle perché ho bisogno di questo programma e perché ne hanno bisogno anche i pazienti e l'ospedale. Voglio che lei mi procuri un appuntamento.

Alla fine, la direttrice dell'ospedale si era rivelata altrettanto difficile. John aveva riflettuto sulla situazione con sua moglie: avrebbe dovuto rinnovare il suo contratto con l'ospedale entro le due settimane successive e aveva deciso di non farlo. Ha lasciato l'ospedale in termini amichevoli e a tutt'oggi non serba risentimento a livello personale: la sua spiegazione è semplicemente che la sua vita aveva preso un'altra direzione. Preferiva ricordare il St. Helena per quello che era: un luogo dove si era sentito a casa per sedici anni, ma anche un luogo <<totalmente dominato dal business dei farmaci>>.

Attualmente McDougall conduce con l'aiuto della sua famiglia un fortunato programma di "medicina collegata allo stile di vita", scrive un'apprezzata newsletter che diffonde gratuitamente (http://www.drmcdougall.com), organizza gite di gruppo con i suoi ex pazienti e con i nuovi amici a ha più tempo per andare a praticare il windsurf quando si alza il vento a Bodega Bay. McDougall è un uomo in possesso di una grande quantità di competenze e qualifiche che potrebbe mettere a vantaggio della salute di milioni di americani. Non ha mai avuto opposizione da parte dei suoi colleghi per "cattiva condotta" come medico e tuttavia la medicina istituzionalizzata non richiede i suoi servizi. Episodi come questo gli capitano di continuo:

<<Venivano in studio pazienti con l'artrite reumatoide. Erano in sedia a rotelle, non riuscivano neppure a girare la chiave di accensione della macchina. Io li prendevo in cura e, tre o quattro settimane dopo, tornavano dal loro medico curante a farsi visitare. Ci andavano a piedi, gli prendevano la mano e gliela stringevano forte. Il medico diceva: "Fantastico!". Il paziente entusiasta dichiarava: "Voglio proprio dirle cosa ho fatto. Sono andato dal dott. McDougall, ho cambiato alimentazione e ora la mia artrite se n'è andata". A quel punto il medico diceva: "Santo cielo, ma è magnifico! Qualsiasi cosa stia facendo, continui così. Ci rivediamo presto".
Questa era sempre la risposta, e mai una volta: "Per favore, la prego, mi dica cos'ha fatto, così posso dirlo al prossimo paziente". Invece il ritornello era sempre:"Qualsiasi cosa stia facendo, è magnifico!". Se il paziente cominciava a raccontare che è passato a una dieta vegetariana, il dottore lo interrompe bruscamente:"Si, d'accordo, lei è davvero una persona forte. Grazie mille e arrivederci". E si viene accompagnati alla porta con la massima velocità. E' molto inquietante, davvero allarmante>>.

Questo che sembra un racconto è semplicemente la realtà e non solo in America, ma in tutta la Terra. 

Ho tratto questo articolo dal "The China Study", un bestseller mondiale, scritto dal Dr. T. Colin Campbell e da suo figlio Thomas M. Campbell II. Essi sono due famosi scienziati ricercatori, che hanno passato la loro vita cercando le soluzioni più idonee per curare gli ammalati, approdando a cure alternative naturali, che sostituiscono egregiamente molte medicine. 
Inoltre, con i loro consigli sull'alimentazione, riescono a far regredire patologie gravi, come cardiopatie croniche, diabete del tipo 2, infiammazioni gastrointestinali, artriti, ecc.
Questo senza alcun effetto collaterale, al contrario di tutte le medicine, che hanno sempre effetti collaterali, spesso molto gravi.

Vi auguro una vita meravigliosa, in salute ed armonia.........
Il catalizzatore è Acqua Kangen, Alcalina, Ionizzata, Microstrutturata.
Solo  Acqua Kangen può ridarvi salute ed energia positiva, perché rende il Vostro corpo alcalino contrastando l'acidosi, è il più potente antiossidante e combatte i radicali liberi che fanno invecchiare  precocemente.

AL PROSSIMO APPUNTAMENTO.

Un cordiale saluto e Vi raccomando, seguite il mio motto: 
Investite in salute per ... vivere bene.
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Giuseppe La Barbera
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Skype: giuseppe.salvo47
http://giuseppelabarbera.blogspot.com 











































giovedì 3 maggio 2012

Big Medicine: protegge davvero la nostra salute?

Eccoci con un nuovo incontro col quale intendo fare chiarezza su un problema mondiale: il rapporto tra la Medicina tradizionale ed i Cittadini.

Avete sentito parlare dello strapotere che le grandi Industrie hanno sulle Istituzioni? Di come gestiscono le cose in modo da salvaguardare soltanto i profitti economici, a danno anche degli interessi e della salute dei Cittadini?
Avete mai saputo la verità? Se non siete al corrente di ciò, seguite a leggere.
Gli esempi più eclatanti nascono negli USA ai primi del 1900.
In questo post affronterò solo l'argomento che interessa il Diritto alla Salute, ad essere curati dalle malattie nel giusto modo, alla Prevenzione delle stesse, ai "metodi di protocollo" usati dagli Ospedali ed alle Cure Alternative all'uso di medicine. Queste, in massima parte, hanno effetti collaterali anche gravi, ed alcune sono dannosissime e di altissimo costo (vedi le chemioterapie).
Ma andiamo con ordine, cominciamo con l'analizzare quanto  è successo e succede negli USA, che, in pratica, è ciò che si è velocemente diffuso in Europa ed in tutti gli altri Stati della Terra.
Riporto di seguito quanto affermato da un medico ricercatore di fama mondiale, noto per aver scritto il Bestseller "The China Study", il Dr. T. Colin Campbell e suo figlio DR. Thomas M. Campbell II.

BIG MEDICINE: 

PROTEGGE DAVVERO LA NOSTRA SALUTE?

Quand'è stata l'ultima volta che il Vostro medico, nel corso della vita, vi ha detto cosa mangiare e cosa non mangiare? Probabilmente non avete mai fatto questa esperienza, ma la maggior parte degli americani sarà vittima di una delle malattie croniche del benessere e, come è noto, c'è una profusione di ricerche pubblicate, che suggeriscono che queste malattie sono il risultato di una cattiva alimentazione e non di geni cattivi o di cattiva sorte. Perché dunque il Sistema Medico non prende sul serio l'alimentazione?
Quattro parole: soldi, ambizione, potere e controllo. Se non è corretto generalizzare sui singoli medici, si può però tranquillamente affermare che il sistema in cui operano, quello che attualmente ha la responsabilità di promuovere la salute degli americani, ci sta voltando le spalle.
Nessuno lo sa meglio della piccola minoranza di medici che curano i loro pazienti dalla prospettiva nutrizionale. Due dei più eminenti fra loro hanno passato molti anni ponendo l'accento su dieta e salute, sia in pubblico, nell'ambito della loro professione, sia in privato con i loro pazienti.
Hanno ottenuto risultati eccezionalmente positivi e hanno tutelato la salute dei loro pazienti. Questi due medici sono Caldwell B. Esselstyn Jr. e John McDougall, un internista. Mio figlio Thomas ed io ci siamo recentemente incontrati con questi due uomini, per discutere la loro esperienza di promotori nell'ambiente medico di una dieta a base di alimenti naturali di origine vegetale.

Il Dottor Cavolini

Molto tempo prima della fondazione del nostro paese, i pionieri olandesi si erano stabiliti nella Valle dell'Hudson, a nord della città di New York. Una di queste famiglie di coloni erano gli Esselstyn. Avevano cominciato a coltivare un pezzo di terra nel 1675 e, dopo nove generazioni, quella fattoria appartiene tuttora alla famiglia. Il Dr. Esselstyn e sua moglie Ann possiedono ancora la fattoria nella valle dell'Hudson con le sue diverse centnaia di acri, a poco più di due ore di viaggio a nord di New York.
Avevano trascorso l'estate del 2003 in campagna, dove avevano coltivato un orto e dove avevano ospitato figli e nipoti, godendo di una vita più rilassata di quella che solitamente conducevano a Cleveland, nellOhio.
Ess ed Ann possiedono una casa modesta: un grande edificio rettangolare che funziona da magazzino ed ora è stato convertito in abitazioe; la sua semplicità maschera il fatto che si tratta di una delle più antiche fattorie d'America. 

Dopo aver fatto un giro della fattoria sul trattore, ci siamo messi a sedere con il padrone di casa e gli abbiamo chiesto di parlarci della sua storia.
Dopo essersi laureato a Yale, si era specializzato in chirurgia alla Cleveland Clinic e nel S. George's Hospital di Londra. Ricordava con affetto i suoi mentori più influenti: il Dr George Crile Jr., il Dr. Turnbull e il Dr. Brook. Il primo, un luminare della Cleveland Clinic, era poi diventato suo suocero. Il Dr. Crile aveva ottenuto enormi risultati e aveva coraggiosamente assunto un ruolo fondamentale nella messa in discussione di quel macabro intervento chirurgico detto "mastectomia radicale". Anche Turnbull e Brook erano eminenti chirurghi ed il padre stesso era un medico di fama nazionale. Ma come Ess ricordava, tutti e quattro questi uomini, pur essendo "esperti della salute", erano stati <<devastati dalle malattie cardiovascolari>>. 
Suo padre aveva avuto un infarto a 42 anni e il Dr. Brook a 52.

Questi uomini erano i suoi modelli, ma quando era entrata in gioco la cardiopatia, tutti loro si erano rivelati inermi. Scuotendo la testa, Ess affermava:<<Non si può sfuggire a queste malattie>>. Questi uomini, che erano giganti nei loro anni migliori, erano come appassiti. Si era fermato un attimo per ricordare la figura di suo padre, e poi aveva continuato:<<Era l'ultimo ed il penultimo anno di vita di mio padre, e stavamo passeggiando insieme. Mi diceva:"Il nostro compito sarà mostrare alla gente come condurre una vita più sana". E aveva pienamente ragione. Nutriva un profondo interesse per la medicina preventiva, ma gli mancavano le informazioni>>. 

Gli interessi di suo padre erano stati la spinta decisiva nella vita di Ess.
Seguendo le orme di questi uomini, Esselstyn aveva continuato ad accumulare un'impressionante serie di premi e riconoscimenti: presidente del personale, membro del Consiglio di amministrazione, presidente dell'Unità operativa contro il cancro e direttore della Divisione di chirurgia della tiroide e della paratiroide della Cleveland Clinic, una delle Istituzioni mediche più prestigiose al mondo; presidente dell'Associazione Americana dei chirurghi endocrini; più di cento articoli scientifici pubblicati, e inclusione  nella lista dei migliori medici americani per l'anno 1994-95. Esselstyn ricordava:<< Per un periodo di dieci, quindici anni la mia retribuzione era stata la più alta all'interno del dipartimento di chirurgia generale. Come genero del Dr. Crile ero terrorizzato all'idea di non fare abbastanza. La sera non tornavo a casa fino a tardi, ma avevo una posizione sicura>>. 

Ma nonostante gli elogi, i titoli e i riconoscimenti, c'era qualcosa che non andava. Troppo spesso i suoi pazienti non riacquistavano la salute, anche dopo i suoi migliori sforzi. 
Per usare le sue parole, <<avevo questo pensiero ossessivo che cominciava davvero a darmi fastidio. Continuavo a osservare le condizioni dei pazienti dopo l'operazione>>. Con una punta di esasperazione si chiedeva:<<Qual'è il tasso di sopravvivenza per il cancro al colon? Non è certo un risultato entusiasmante!>>. Ci aveva raccontato dell'operazione per cancro al colon, che aveva condotto su uno dei suoi migliori amici. Durante l'intervento avevano constatato che il cancro si era propagato in tutto l'intestino. Pensando a tutti gli interventi chirurgici che aveva praticato, esprimeva disgusto all'idea di sfigurare qualcuno, quando sapeva di non aver modificato le sue possibilità di guarigione>>.

Aveva così iniziato un profondo esame di coscienza; aveva cominciato a studiare la letteratura scientifica sulle malattie che curava abitualmente: aveva letto alcuni dei lavori più conosciuti del Dr. John McDougall, che aveva appena scritto un fortunato libro su dieta e salute dal titolo The McDougall Plan. Aveva consultato pubblicazioni scientifiche che paragonavano i tassi internazionali delle malattie e le scelte legate allo stile di vita, e la ricerca di un patologo dell'Università di Chicago che dimostrava che una dieta a ridotto contenuto di grassi e colesterolo, somministrata a primati non umani, poteva far regredire l'aterosclerosi. Era arrivato alla conclusione che le malattie, che colpivano con tanta frequenza i suoi pazienti, erano dovute a una dieta ricca di carne, di grassi e di cibi altamente raffinati.

Così aveva concepito l'idea di curare i pazienti cardiopatici con una dieta a base vegetale e a ridotto contenuto di grassi e, nel 1985, si era presentato alla direttrice dell Cleveland Clinic per discutere la sua indagine. La funzionaria gli aveva detto che nessuno aveva mai dimostrato che le cardiopatie nei soggetti umani potessero regredire grazie a una terapia dietetica. Ma Ess sapeva di essere sulla pista giusta e aveva continuato tranquillamente a condurre la sua ricerca per parecchi anni successivi. Lo studio che aveva infine pubblicato su 18 pazienti cardiopatici, aveva dimostrato la più eclatante regressione delle malattie cardiache nella storia della medicina, semplicemente utilizzando una dieta a base di cibi di origine vegetale e a ridotto contenuto di grassi, e un minimo dosaggio di farmaci anticolesterolo.

Esselstyn è diventato un campione dell'approccio dietetico ed è in possesso dei dati per provarne l'efficacia. Ma era stato tutt'altro che facile: invece che riconoscere il suo valore, alcuni esponenti dell'ambiente medico avrebbero preferito che si levasse di mezzo. In una certa fase della sua transizione da prominente <<chirurgo macho e tutto d'un pezzo>>, a paladino dell'approccio dietetico, il nomignolo che gli era stato affibbiato alle spalle era "Dr. Cavolini".

Un'impresa scoraggiante


La cosa interessante di questa storia è che un uomo arrivato all'apice di una professione altamente riconosciuta, aveva osato tentare qualcosa di diverso dai protocolli tradizionali, e si era rapidamente trovato estromesso dagli ambienti della medicina ufficiale: la sua elusione delle terapie standard rappresentava una minaccia per lo status quo.
Alcuni colleghi di Ess avevano screditato la sua terapia definendola troppo "estrema". Altri l'avevano rifiutata con commenti del tipo:<<Penso che la ricerca in quest'area sia poco solida>>, osservazione davvero assurda, considerando l'ampiezza e la profondità degli studi internazionali.
Altri medici gli avevano rivolto parole come:<<Va tutto molto bene, ma nessuno mai mangerà in quel modo: non riesco  neppure a far smettere ai miei pazienti di fumare>>. La risposta di Ess era stata:<<Bé, in questo non sei specializzato. Per imparare è necessaria la stessa competenza che ci vuole per applicare un bypass>>. 

Normalmente impiego 3 ore per consigliare la terapia ad un paziente, senza contare l'impegno richiesto dal periodo di costante osservazione successiva e dal monitoraggio della salute del paziente.
Un paziente aveva comunicato al suo cardiologo che voleva farsi visitare dal Dr. Esselstyn e impegnarsi a seguire un programma dietetico per far regredire la cardiopatia. Il cardiologo aveva replicato:<<Ora mi ascolti; non c'è nessuna possibilità di far regredire questa malattia>>. 
E che diamine! Ci si aspetterebbe un po più di entusiasmo da parte di un medico per la guarigione dei propri pazienti!
A proposito dei medici e della loro riluttanza ad appoggiare una dieta a base di cibi naturali di origine vegetale, Ess affermava:<<Non bisogna farsi prendere dalla frustrazione: non sono persone cattive. Ci sono 60 cardiologi alla Cleveland Clinic e chissà quanti di loro, in segreto, credono in quello che faccio, ma hanno una certa paura del sistema>>.

Il Dr. Esselstyn immaginava che l'atteggiamento dei suoi colleghi derivasse dal fatto che la ricerca scientifica in questo campo non fosse ancora abbastanza solida, ma, in seguito, erano stati pubblicati risultati scientifici di successo ineguagliato, compreso quello di Esselstyn. I dati erano solidi, coerenti e di vasta portata, eppure Ess continuava ad incontrare riluttanza ad accettare la sua idea:

<<Prendete un cardiologo che ha imparato tutto sui betabloccanti e sugli antagonisti del calcio, ed è addestrato a inserire nel cuore un catetere e a gonfiare palloncini o a intervenire con il laser o con uno stent senza provocare la morte del paziente, ed è tutto molto sofisticato. E  tutt'intorno ci sono le infermiere, le luci sono soffuse e l'atmosfera è drammatica. Insomma, è tutto un "Oh mio Dio, il dottore gonfia un palloncino nella testa del paziente!". L'ego di questi individui è smisurato. E poi arriva qualcuno che dice:<<Scusate, ma penso che possiamo curare questo problema con i cavolini di Bruxelles e con le verdure>>. E la risposta del medico sarà: "COSA! Ho studiato tutta questa roba, ora faccio un sacco di soldi e tu mi vuoi portare via tutto?>>.

Poi quando quella persona va avanti per la sua strada e cura davvero i pazienti con i cavolini di Bruxelles e i broccoli, come nel caso di Esselstyn, e ottiene risultati migliori che con qualsiasi altra pillola o procedura standardizzata, improvvisamente si annuncia che c'è qualcosa che funziona senza sforzo, meglio di quanto ottenga il 99,9% degli specialisti. Riassumendo la sua posizione, Ess afferma:

<<I cardiologi dovrebbero essere esperti nelle malattie cardiache, e tuttavia non hanno alcuna competenza da un punto di vista terapeutico, e quando improvvisamente lo capiscono, si mettono subito sulle difensive. Loro riescono a curare i sintomi, a prendersi cura delle aritmie, a praticare interventi chirurgici, ma non sanno come curare le malattia, e si tratta di una cura nutrizionale.... Figuratevi un dietologo che fa un corso di formazione a un cardiochirurgo!>>.


Intellettualmente è molto stimolante pensare che il paziente possa fare le proprie scelte con impegno, solerzia e sicurezza, guidato opportunamente dal medico, e che questo stato sia destinato a durare. Ma Esselstyn precisa subito che i medici non sono persone malevoli, né fanno parte di una cospirazione. Pur con tutte le apparecchiature, la tecnologia. l'addestramento e la competenza del medico, niente di più efficace che guidare il paziente a fare le giuste scelte nello stile di vita. Ma ciò spesso cozza con le procedure di protocollo imposte negli Ospedali.


Un altro ostacolo: la mancanza di conoscenza in campo nutrizionale fra i medici. Ess ha avuto un buon numero di confronti con i colleghi ignoranti, e la sua impressione è che <<è assolutamente frustrante che i medici non abbiano consapevolezza del fatto che le malattie possono regredire. Ci si domanda quale sia la letteratura scientifica che questa gente legge>>.
Le conoscenze dei medici spesso riguardano solo le terapie standard: le pillole e le procedure. 
Cos'ha da offrire il ventesimo secolo della medicina? Abbiamo pillole e procedure, vero? ..... Ma chi mai prova a dire: "Forse dovremmo fermare la malattia?>>. In base all'esperienza di Esselstyn, fermare la malattia non è fra gli obiettivi di primo piano dello STATUS QUO.


Formazione carente

Lo status quo della medicina si basa in larga misura sui farmaci e sulla chirurgia, a esclusione della nutrizione e dello stile di vita. I medici non hanno praticamente alcun tipo di formazione in fatto di nutrizione e del suo rapporto con la salute.
Nel 1985 il Consiglio Nazionale delle Ricerche degli USA aveva finanziato un rapporto redatto da una commissione che indagava sulla quantità e sulla qualità dell'educazione alimentare nelle facoltà di medicina americane. Gli esiti finali della commissione erano stati chiari:
<<La commissione ha concluso che i programmi di educazione alimentare delle facoltà di medicina degli USA sono in larga misura inadeguati a far fronte alle richieste presenti e future della professione medica>>.
Ma queste conclusioni non rappresentano niente di nuovo. La Commissione aveva annotato che nel 1961 il "Consiglio dell'Associazione medica americana su cibo e nutrizione riportava che nelle facoltà di medicina degli Stati Uniti la nutrizione riceveva "considerazione, sostegno e attenzione inadeguati>>. 

In altre parole, più di 40 anni prima i medici stessi dichiaravano che la loro formazione nutrizionale era inadeguata. Nel 1985 nulla era cambiato, e a tutt'oggi si continuano a scrivere articoli scientifici che documentano la mancanza di formazione nutrizionale nelle facoltà di medicina.
Questa situazione è pericolosa: la formazione dei medici in questa disciplina non è solo inadeguata, ma praticamente inesistente. Nel 1985, il rapporto del Consiglio Nazionale delle Ricerche aveva riscontrato che nei quattro anni di studio in facoltà, ai medici vengono impartite mediamente soltanto ventun ore di formazione sull'alimentazione (circa 2 crediti).
La maggioranza delle università sottoposte a indagine, in realtà impartivano meno di venti ore di scienza dell'alimentazione in presenza, corrispondenti ad 1 o 2 crediti. Per fare un paragone, un corso fondamentale in scienza dell'alimentazione alla Cornell University corrisponde a un numero di crediti che vanno da 25 a 40, ovvero circa 250-500 ore in presenza; ai dietologi diplomati ne vengono impartite più di cinquecento.

Ma non è ancora tutto. La maggior parte di queste lezioni di scienze nutrizionali vengono impartite durante il primo anno del corso di laurea, come parte integrante di altri corsi di scienze di base. Gli argomenti trattati in un corso di biochimica di base potranno includere il metabolismo delle sostanze nutritive e/o le reazioni biochimiche che riguardano determinate vitamine o minerali. In altre parole, la nutrizione spesso non è insegnata in rapporto ai problemi di salute pubblica come l'obesità, il cancro, il diabete, ecc. A proposito del rapporto governativo del 1985, il presidente dell'Associazione americana degli studenti di medicina, William Kassler, scrive:

La scienza dell'alimentazione del programma ufficiale di studi è quasi interamente incorporata negli altri corsi. Biochimica, fisiologia e farmacologia sono i corsi di cui più frequentemente si sostiene che comprendano elementi di scienza della nutrizione. Troppo spesso in questi  corsi l'alimentazione è solo bevemente accennata, con enfasi primaria sulla disciplina fondamentale. E' a tutti gli effetti possibile completare tali corsi senza neppure rendersi conto di aver studiato scienza dell'alimentazione. Questa disciplina insegnata da chi ha interessi e competenze in altri campi non può funzionare.


E il peggio deve ancora arrivare!  Quando si impartiscono corsi di educazione alimentari in rapporto ai problemi di salute pubblica, indovinate chi fornisce i materiali "didattici"? Il Dannon Institute, la Commissione nutrizione dei prodotti di uova, l'Associazione Nazionale degli allevatori di bovini, il Consiglio nazionale dei produttori caseari, la Nestlè Clinical Nutrition, i laboratori Wyeth-Ayerst, la Bristol-Myers Squibb Company, la Baxter Healtcare Corporation ed altri ancora, hanno unito i loro sforzi per produrre il programma Nutrizionale nella medicina e l'iniziativa per un programma didattico nutrizionale nella medicina. 


Pensate che questa squadra di giganti dell'industria degli alimenti di origine animale e di quella farmacologica valuterà in modo obiettivo e promuoverà un'alimentazione ottimale, che la scienza ha indicato in una dieta a base di alimenti naturali di origine vegetale in grado di ridurre al minimo il ricorso ai farmaci? O cercherà invece di proteggere la dieta occidentale a basa di carne, nella quale ognuno si aspetta di ingoiare una pillola per ogni tipo di malattia? Queste organizzazioni stanno creando programmi di scienza dell'alimentazione che comprendono CD-Rom e li distribuiscono gratuitamenti a tutte le facoltà di medicina. Alla fine del 2003 centododici facoltà di medicina stavano utilizzando il loro programma didattico. 
L'industria casearia ha sovvenzionato anche indagini di ricerca sull'educazione alimentare nelle facoltà di medicina e  ha finanziato "premi prestigiosi". Queste iniziative dimostrano che l'industria è ben preparata a promuovere i propri interessi finanziari ogni qualvolta che se ne presenta l'occasione.


Non dovete perciò presupporre che il vostro medico abbia più competenze in fatto di cibo e salute di quanto ne posseggono i vostri vicini di casa.
E' una situazione in cui medici privi di una formazione nutrizionale, prescrivono ai diabetici sovrappeso, beveroni sostitutivi di un pasto, a base di zucchero e latte; diete ad alto contenuto di carne e di grassi a pazienti che chiedono di perdere peso e supplementi di latte a quelli che soffrono di osteoporosi. 
"I danni alla salute prodotti dall'ignoranza dei medici in fatto di nutrizione lasciano allibiti!"
Si sostiene che nell'istruzione medica non ci sono abbastanza "figure di riferimento fra i medici dell'approccio nutrizionale". Una recente indagine ha riscontrato che <<una carenza di role model fra i medici dell'approccio nutrizionale è probabilmente il principale ostacolo all'insegnamento di scienza dell'alimentazione agli specializzandi interni>>. Sospetto che questi programmi non possono contare su un numero sufficiente di medici dell'approccio nutrizionale, semplicemente perché non rientra nelle loro priorità reclutarli. Nessuno lo sa meglio del Dr. John McDougall.


La sfida di McDougall

Il Dr. John McDougall combatte per un approccio alla salute sulla base di alimenti naturali di origine vegetale da più tempo di qualunque altro professionista di mia conoscenza. (ricordo che a parlare è sempre il Dr. Campbell)
Ha scritto 10 libri, parecchi dei quali hanno venduto singolarmente più di 500.000 copie. La sua competenza in campo di nutrizione e salute è fenomenale e supera quella di qualunque altro medico che conosco, compresa quella dei miei colleghi docenti di scienza dell'alimentazione all'università. E' difficile che qualcun altro professionista disponga di una  raccolta di letteratura scientifica su dieta e malattia, che possa competere con quella del Dr. John McDougall. E quel che conta di più è che egli si tiene costantemente aggiornato sulle nuove ricerche internazionali nel settore.


Negli anni della crescita, John aveva consumato una ricca dieta occidentale e non si risparmiava dall'assaggiare prelibatezze di ogni genere. Era poi venuto il giorno della resa dei conti e, all'età di 18 anni, pochi mesi dopo il suo ingresso all'università, John aveva avuto un ictus. Dopo essersi ristabilito, riconquistando un nuovo senso della vita, era diventato uno studente universitario con il massimo dei voti ed aveva poi completato gli studi di medicina nel Michigan e la specializzazione come interno alle Hawaii. Aveva scelto di svolgere la professione sulla Grande Isola di Hawaii, dove seguiva migliaia di pazienti, alcuni dei quali erano da poco migrati dalla Cina e dalle Filippine, mentre altri appartenevano alla quarta generazione di sino-americani e di americani originari delle Filippine. 
Era stato lì che John era diventato un medico infelice. Molti dei problemi di salute dei suoi pazienti erano il risultato di malattie croniche come l'obesità, il diabete, il cancro, le cardiopatie e l'artrite. John le curava come gli era stato insegnato all'Università, con le combinazioni standard di pillole e procedure, ma davvero pochi di loro recuperavano la salute. Le loro malattie croniche non si risolvevano e John aveva presto compreso che come medico sottostava a gravi limitazioni. Aveva cominciato anche a imparare qualcosa di diverso dai suoi pazienti: la prima e la seconda generazione di americani di provenienza asiatica, quelli che mangiavano in modo più tradizionale - diete asiatiche con riso e verdure come alimenti base - erano snelli e in forma, e non erano afflitti dalle malattie croniche. per contro, la terza e la quarta generazione di americani provenienti dall'Asia, avevano adottato pienamente le abitudini alimentari americane e soffrivano di obesità, di diabete a di tutte le altre malattie croniche. Era stato osservando queste persone che John aveva cominciato a notare quanto fosse importante la dieta per la salute.
Poiché John non stava guarendo i suoi pazienti e poiché le pillole e le procedure non funzionavano, aveva deciso di riprendere gli studi e si era iscritto a un programma di specializzazione post lauream come interno al Queen Medical Center di Honolulu. Era stato là che aveva cominciato a comprendere i limiti imposti dalla medicina istituzionalizzata ed il modo in cui la formazione medica condiziona la mentalità dei futuri medici.


John aveva affrontato il corso sperando di scoprire come perfezionare le pillole e le procedure, così da diventare un medico migliore. Ma dopo aver osservato medici esperti che curavano i pazienti con le stesse pillole e procedure, aveva capito che quegli autorevoli medici non erano migliori di lui. Non solo i pazienti restavano malati, ma peggioravano!
John si era reso conto che qualcosa non andava nel sistema, e non nella sua persona, e così aveva cominciato a leggere letteratura scientifica. Come il Dr. Esselstyn, una volta cominciato a leggere le pubblicazioni scientifiche, si era reso convinto che una dieta a base di alimenti naturali di origine vegetale avesse il potenziale non solo di prevenire le malattie che affliggevano i suoi pazienti, ma anche di curarle. Come avrebbe presto scoperto, quest'ìdea non avrebbe trovato buona accoglienza presso i suoi docenti e colleghi.


Nell'ambiente la dieta era considerata un argomento da ciarlatani. John domandava: <<Voi dite che l'alimentazione non ha a che fare con le cardiopatie?>>. I suoi colleghi gli rispondevano che le prove scientifiche erano controverse. John continuava a leggere le ricerche scientifiche e a parlare con i suoi colleghi, con l'unico risultato di sentirsi sempre più perplesso, perché non riusciva a trovare nulla di controverso; quello che la letteratura diceva era assolutamente chiaro.
In tutti quegli anni era arrivato a comprendere il motivo per cui così tanti medici asserivano che la dieta fosse un argomento controverso:<<Lo scienziato si siede a tavolo per nutrirsi e, in una mano ha un articolo che dice che il colesterolo distrugge le arterie e uccide, e nell'altra una forchetta con la quale mangia a quattro palmenti uova e bacon. Intanto dice fra sé:"C'è qualcosa di poco chiaro quì...sono confuso". Ed è questa la controversia. Tutto quì>>.


Continuate a leggere questa storia incredibile...ma vera!


Il Dr. John McDougall racconta di aver incontrato un uomo di 38 anni e sua moglie, dopo che l'uomo aveva subito il suo secondo infarto. In quanto medico interno di servizio (e non come suo medico curante) aveva chiesto al paziente cosa intendesse fare per prevenire un terzo infarto fatale.
Al massimo dello sconforto, l'uomo aveva risposto:<<Non c'è niente che possa fare: non bevo, non fumo, faccio movimento e seguo la stessa dieta che mi ha consigliato il dietologo dopo l'ultimo infarto. Non c'è nient'altro che possa fare>>.
John aveva detto alla coppia quello che stava imparando sulla dieta, aveva fatto intendere che l'uomo avrebbe potuto far regredire la malattia se avesse mangiato nel modo appropriato. Il paziente e la moglie avevano accolto la notizia con entusiasmo. John si era intrattenuto a lungo con loro e, lasciando l'ambulatorio, si era sentito straordinariamente bene: finalmente aveva aiutato qualcuno, aveva finalmente fatto il suo lavoro.
Questa sensazione non sarebbe durata che un paio d'ore. Infatti era stato poi convocato nell'ufficio del supervisore medico, che detiene l'autorità assoluta sui medici interni: se licenzia un medico interno, quest'ultimo non perde solo il posto di lavoro, ma anche la possibilità di esercitare. La coppia entusiasta aveva riferito al medico curante ciò che era appena venuta a conoscenza e il dottore aveva replicato che non c'era nulla di vero e aveva subito informato il supervisore al riguardo.
Quest'ultimo aveva avuto un serio colloquio con John, che così ricorda quanto gli era stato detto:<<Ero andato ben oltre i miei doveri di medico interno. Avrei dovuto cominciare ad affrontare con serietà la medicina, abbandonando tutte quelle sciocchezze sull'alimentazione e sul fatto che essa abbia a che fare con la malattia>>. Il supervisore gli aveva fatto capire chiaramente che erano in gioco il suo posto di lavoro e la sua carriera successiva. Così John aveva tenuto afreno la lingua per il resto degli studi.


Il giorno della sua specializzazione, aveva fatto una chiacchierata finale con il supervisore, che John ricorda come un uomo in gamba e di buon cuore, ma troppo arroccato sullo status quo. Questi lo aveva fatto accomodare nel suo studio e gli aveva detto:<<John, penso che tu sia un bravo medico e voglio che tu lo sappia. Voglio che tu sappia che la tua famiglia mi piace, ed è per questo che ti dico che sono preoccupato che tu possa fare la fame con tutte quelle idee bizzarre sul cibo. Tutto quello che potrai combinare è mettere insieme un branco di barboni e di hippy>>.
John aveva fatto una pausa per raccogliere i suoi pensieri e poi aveva replicato:<<Forse sarà così e può darsi che farò la fame. Ma non riesco a prescrivere pillole ed interventi chirurgici che non funzionano. Inoltre penso che lei abbia torto. Non credo che saranno barboni e hippy, penso che saranno persone di successo che hanno avuto fortuna nella vita. Si chiederanno: "Sono una persona arrivata tanto in alto e allora come mai sono così grasso?">>. E, nel dirlo, John aveva guardato l'abbondante giro vita del primario e aveva continuato:<<Si domanderanno: "Se sono così fortunato, perché la mia salute ed il mio futuro mi sfuggono di mano?"
Allora prenderanno in considerazione ciò che ho da dire e sono certo che mi daranno retta>>.


John aveva completato la sua formazione medica con al suo attivo una sola ora di scienza dell'alimentazione, che aveva riguardato i tipi di latte in polvere da somministrare ai neonati. La sua esperienza conferma l'estrema inadeguatezza di qualunque corso di nutrizione impartito ai futuri medici nelle Università.


Per il momento concludo questa lunga disquisizione sulla realtà della politica applicata alla scienza medica, a vantaggio solo di pochi e a completo svantaggio dei cittadini.
Nel prossimo appuntamento definirò bene l'influenza delle industrie farmaceutiche sulla politica universitaria, sempre a vantaggio loro e a danno degli inconsapevoli cittadini.


Vi prego i lasciare i Vs. commenti su questo blog, mi aiuteranno a migliorare la qualità degli articoli che scriverò, dopo attente ricerche documentali, che non sono  disponibili facilmente a tutti.


Bibliografia: "The China Study" 
Autori: T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell II
Macro Edizioni - www.macroedizioni.it 


Buona vita a tutti Voi.