Oggi desidero dare un seguito al precedente articolo "BIG MEDICINE: protegge davvero la nostra salute?
Affronterò un'altre realtà mondiale: Perché la maggior parte delle persone sono "Farmacodipendenti".
Continuiamo a raccontare la storia del Dr. John McDougall.
John aveva toccato un'altra area importante in cui la professione medica ha preso credibilità: i suoi legami con l'Industria Farmacologica. La formazione medica e le case farmaceutiche sono in combutta e non da poco tempo.
John ci ha parlato un po' della portata del problema e di come il sistema formativo sia stato corrotto:
<<Il problema con i medici incomincia con la nostra formazione. L'intero sistema è finanziato dall'industria farmacologica, dalla formazione alla ricerca. L'Industria farmaceutica ha comprato le menti della professione medica: tutto ha inizio il giorno in cui si entra nell'Università. L'intero percorso di studi è sostenuto dalle case farmaceutiche.
John non è solo nella sua critica al modo in cui gli ambienti medici si associano con l'industria farmaceutica: molti eminenti scienziati hanno pubblicato osservazioni duramente critiche che dimostrano quanto il sistema sia diventato corrotto. Questi i commenti più comuni:
- L'industria farmaceutica si ingrazia gli studenti di medicina con omaggi, fra cui inviti al ristorante, svaghi e viaggi; eventi didattici, comprese conferenze, che sono poco più che pubblicità per i medicinali, e congressi con relatori che sono poco più che portavoce delle case farmaceutiche stesse.
- Di fatto, gli specializzandi (medici interni) e altri medici modificano le loro abitudini in fatto di prescrizioni secondo le informazioni fornite dai rappresentanti delle case farmaceutiche, anche se è noto che queste informazioni sono <<eccessivamente positive e le prescrizioni risultano perciò meno indicate>>.
- La ricerca e la medicina accademica non fanno che seguire le direttive dell'industria farmaceutica. Questo accade perché potranno verificarsi le seguenti situazioni: le case farmaceutiche, e non i ricercatori, stabiliscono l'impianto della ricerca, il che permette loro di "addomesticare" lo studio, i ricercatori hanno un interesse finanziario diretto nella società farmaceutica il cui prodotto stanno studiando. la casa farmaceutica è responsabile di raccogliere e confrontare i dati grezzi e poi permette ai ricercatori di prenderne visione solo in maniera selettiva; la casa farmaceutica mantiene il diritto di veto relativamente alla pubblicazione o meno dei risultati e detiene i diritti editoriali su qualunque pubblicazione scientifica risultante dalla ricerca; la casa farmaceutica ingaggia un'azienda di comunicazione e le affida la stesura dell'articolo scientifico, e poi trova ricercatori disposti ad apporre il proprio nome in qualità di autori dell'articolo a redazione ultimata.
- Le più prestigiose riviste scientifiche sono diventate poco più che veicoli di marketing per le case farmaceutiche: la loro fonte principale di reddito sono le pubblicità di farmaci. Questa pubblicità non viene adeguatamente presa in esame dalla rivista e le aziende spesso fanno affermazioni fuorvianti sui farmaci di loro produzione. Ma, ciò che è forse più sconcertante, la maggior parte della ricerca clinica sperimentale riportata dalle riviste è sovvenzionata dalle aziende farmaceutiche e gli interessi finanziari dei ricercatori coinvolti non sono pienamente riconosciuti.
Negli ultimi due o tre anni ci sono stati scandali ampiamente pubblicizzati in centri medici di primo piano che confermano queste imputazioni. In un caso l'integrità di una scienziata era stata diffamata in vari modi sia da una casa farmaceutica, sia dall'amministrazione universitaria da cui dipendeva, dopo che la ricercatrice aveva scoperto che un farmaco da lei esaminato aveva forti effetti collaterali e perdeva efficacia. In un altro caso uno scienziato che aveva parlato con schiettezza dei possibili effetti collaterali degli antidepressivi, aveva perso un'opportunità di lavoro all'Università di Toronto. Gli esempi potrebbero continuare all'infinito.
La dott.ssa Marcia Angell, ex direttrice del New England Journal of Medicine ha scritto uno sferzante editoriale dal titolo "La medicina accademica è in vendita?":
<<I legami fra i ricercatori clinici e l'industria non comprendono soltanto i finanziamenti alla ricerca, ma anche una serie di altri accordi finanziari. I ricercatori fungono da consulenti per le aziende di cui studiano i prodotti, entrano a far parte dei comitati consultivi e delle agenzie di conferenzieri, hanno accesso ad accordi in merito a brevetti e relativi diritti, accettano di essere gli autori firmatari di articoli scritti da ghost-writer delle aziende interessate, promuovono farmaci e apparecchiature nell'ambito di convegni sponsorizzati dalle aziende e si fanno omaggiare regali costosi e viaggi in ambienti esclusivi. Molti di loro hanno anche partecipazioni azionarie nelle aziende>>.
La dott.ssa Angell prosegue affermando che questi comuni interessi finanziari spesso falsano in modo significativo la ricerca, sia per il tipo di lavoro che viene condotto, sia per ilo modo in cui esso viene riportato. Ancora più rischioso del pericolo di dati falsati è il fatto che l'unico tipo di ricerca finanziata e riconosciuta sia quella sui farmaci. Le ricerche sulle cause delle malattie e sugli interventi non farmacologici non vengono per nulla attuate nell'ambito della formazione medica. I ricercatori accademici, per esempio, potranno essere impegnati in un'attività furibonda alla ricerca della pillola per combattere i sintomi dell'obesità, ma non dedicheranno né tempo né denaro a insegnare alla gente come condurre una vita più sana. La dott.ssa Angell scrive:
<<In termini di formazione, gli studenti di medicina e gli specializzandi, sotto la tutela costante dei rappresentanti dell'industria farmaceutica, imparano a fare affidamento sui farmaci e sulle apparecchiature mediche in misura maggiore di quanto probabilmente dovrebbero. Come gli oppositori della medicina così spesso denunciano, i neolaureati imparano che per ogni problema c'è una pillola e un altro informatore farmaceutico per illustrarla. Si abituano anche a ricevere omaggi e favori da un'industria che usa queste cortesie per influenzare il percorso di aggiornamento. I centri medici universitari, acconsentendo a diventare avamposti di ricerca dell'industria, contribuiscono all'eccessiva enfasi su medicinali e apparecchiature mediche.
E' possibile, in questo ambiente, assegnare alla nutrizione la giusta e meritata considerazione? Sebbene le nostre più frequenti cause di morte si possono prevenire e addirittura far regredire ricorrendo a una buona alimentazione, sarà il vostro medico . a parlarvene? Non fintanto che l'ambiente non cambia nelle nostre università e nei nostri ospedali, e non se il vostro medico non avrà deciso che la prassi medica standard, che viene attualmente insegnata, non funziona e non avrà stabilito di dedicare un congruo periodo di tempo al proprio auto aggiornamento in fatto di buona alimentazione. E per far questo ci vuole una persona speciale.
La situazione è deteriorate al punto che McDougall ha affermato: <<Non so più cosa credere. Quando leggo un articolo che afferma che devo somministrare ai miei pazienti i betabloccanti a gli ACE-inibitori, due categorie di farmaci per il cuore, non so se crederci. Davvero non so se è vero, perché la ricerca farmacologica è così corrotta>>.
Pensate che i titoli di giornale che seguono siano collegati?
"Le università riferiscono di conflitti di interessi nella ricerca" fra case farmaceutiche e ricercatori.
"Sempre più farmaci ai bambini secondo una ricerca".
"Indagine: molte linee guida scritte da medici legati alle aziende".
Gravi danni dai farmaci regolarmente prescritti: milioni di casi di reazione tossica".
La sorte di McDougall
Dopo aver completato la sua regolare formazione, il dott. McDougall aveva avviato uno studio medico sull'isola hawaiana di Oahu. Aveva cominciato a scrivere libri su alimentazione e salute e si era creato una fama a livello nazionale. A metà degli anni 80 John era stato contattato dal St. Helena Hospital nella Napa Valley, California, che gli aveva offerto un posto da direttore del suo centro di medicina preventiva. Si trattava di un Ospedale Avventista del Settimo Giorno. E' noto che questa confessione incoraggia i seguaci a seguire una dieta vegetariana (anche se consumano quantità superiori alla media di latticini). Era un'opportunità troppo allettante per lasciarsela sfuggire, e John aveva lasciato le Hawaii diretto in California.
Per molti anni John si era sentito a casa al St. Helena. Insegnava scienza dell'alimentazione e utilizzava la dieta per curare pazienti affetti da malattie croniche, ottenendo risultati straordinari. Aveva avuto in terapia più di duemila pazienti gravemente malati e, nel corso di sedici anni, non era mai stato deninciato e neppure aveva mai ricevuto una lettera di lamentela. Ma, cosa ancora più importante, John aveva visto i suoi pazienti recuperare la salute. Per tutto quel periodo aveva proseguito l'attività di autore di libri, mantenendo la sua fama a livello nazionale. Con il passare del tempo aveva però compreso che la situazione non era esattamente la stessa di quando aveva iniziato. La sua insoddisfazione cresceva.
Di quegli anni McDougall ricorda: <<Semplicemente pensavo che non stavo approdando a nulla. Il programma seguiva 150-170 pazienti l'anno e finiva tutto lì. Non c'era crescita. Non ottenevo sostegno dall'ospedale e nel tempo si erano avvicendati parecchi amministratori>>.
Aveva avuto piccoli scontri con gli altri medici dell'ospedale. A un certo punto il reparto di cardiologia si era opposto alle terapie di John per i pazienti cardiopatici. La sua replica era stata: <<Ho una proposta: vi mando tutti i miei pazienti cardiopatici per avere un secondo parere se voi mi mandate i vostri>>. Era un'offerta interessante, ma non era stata accettata. In un'altra occasione aveva mandato un paziente da un cardiologo e questi gli aveva detto, sbagliando, che doveva sottoporsi ad un intervento di bypass. Dopo un paio di incidenti simili, John aveva raggiunto il limite della pazienza. Alla fine, quando aveva telefonato al collega e gli aveva detto: <<Vorrei parlarne con te e con il paziente: vorrei discutere la letteratura scientifica che ti porta a fare questo tipo di raccomandazione>>. Il cardiologo aveva rifiutato e John aveva ribattuto: <<Perché no? Hai appena consigliato al paziente di farsi aprire il cuore! E gli chiederai 50.000 o 100.000 dollari per il disturbo. Perché non ne parliamo a fondo? Non pensi che sarebbe corretto nei confronti del paziente?>>: Ma quella era stata l'ultima volta che aveva proposto un'operazione chirurgica ad uno dei pazienti di John.
Per tutto quel tempo nessuno degli altri medici dell'ospedali aveva mai mandato un paziente a John: non una sola volte. Gli inviavano le proprie mogli e i propri figli per una visita, ma non gli avrebbero ma passato uno dei propri pazienti. Questo secondo John era il motivo:
<<Erano preoccupati per quello che sarebbe potuto succedere se i lor pazienti fossero venuti a farsi visitare, ed era una cosa che capitava di continuo se i pazienti trovavano la strada da soli. Venivano da me con una cardiopatia o con la pressione alta o il diabete. Io li mettevo a dieta e loro smettevano di prendere tutte le loro pillole e presto i valori tornavano normali. Allora tornavano dai loro medici e dicevano:"Perché diavolo non me lo ha detto prima? Perché mi ha lasciato soffrire, spendere tutti quei soldi e quasi morire, quando non dovevo fare altro che magiare pappa d'avena?". E loro non volevano sentirselo dire>>.
C'erano stati altri momenti di attrito fra John e l'ospedale, ma l'ultima goccia aveva riguardato il programma per la sclerosi multipla del dott. Roy Swank. Quando era venuto a sapere che Swank era sul punto di andare in pensione, John l'aveva contattato: lo conosceva e lo rispettava da molto tempo e gli aveva offerto di rilevare il programma per la sclerosi multipla da lui creato e di incorporarlo nella sua clinica di medicina preventiva al St. Helena Hospital, preservandolo in ossequio al dott. Swank. Con sua grande soddisfazione Swank aveva accettato. Come John faceva notare, c'erano quattro ragioni a indicare che si trattava di un accordo ideale per il St. Helena:
C'erano stati altri momenti di attrito fra John e l'ospedale, ma l'ultima goccia aveva riguardato il programma per la sclerosi multipla del dott. Roy Swank. Quando era venuto a sapere che Swank era sul punto di andare in pensione, John l'aveva contattato: lo conosceva e lo rispettava da molto tempo e gli aveva offerto di rilevare il programma per la sclerosi multipla da lui creato e di incorporarlo nella sua clinica di medicina preventiva al St. Helena Hospital, preservandolo in ossequio al dott. Swank. Con sua grande soddisfazione Swank aveva accettato. Come John faceva notare, c'erano quattro ragioni a indicare che si trattava di un accordo ideale per il St. Helena:
- corrispondeva alla filosofia degli avventisti: terapia dietetica delle malattie;
- si sarebbero aiutate persone che ne avevano disperatamente bisogno;
- avrebbe raddoppiato l'utenza, contribuendo a far crescere il programma;
- non sarebbe costato quasi nulla.
Così aveva portato la proposta alla primaria del suo reparto, che dopo averlo ascoltato, gli aveva detto di non pensare che l'ospedale intendesse acconsentire. Gli aveva dichiarato: <<Be', non credo cge vogliamo introdurre programmi nuovi in questo momento>>. Sconcertato, John le aveva chiesto: <<Per favore, mi dica perché. Cosa significa essere un ospedale? Perché siamo quì? Pensavo che il nostro compito fosse prenderci cura della gente malata>>.
La reazione della direttrice era stat un vero programma: <<Certo che siamo quì per questo, ma sa, i pazienti di SM non sono gente facile. Lei stesso mi ha detto che alla maggior parte dei neurologi non piace occuparsene>>. John non riusciva a credere a quanto aveva appena ascoltato. In un momento di grande tensione aveva detto:
<<Aspetti un momento: sono un medico e questo è un ospedale. A quanto ne so, il nostro lavoro è alleviare le sofferenze de malati. Solo perché gli altri medici non riescono ad aiutarli nella loro sofferenza, ciò non significa che non ci riusciamo anche noi. Quì ci sono le prove scientifiche che dicono che possiamo: ho una terapia efficace per le persone che hanno bisogno delle mie cure e questo è un ospedale. MI vuole spiegare perché non vogliamo prenderci cura di questo tipo di pazienti?>>. Poi aveva continuato: <<Voglio parlare con la direttrice dell'ospedale e voglio spiegarle perché ho bisogno di questo programma e perché ne hanno bisogno anche i pazienti e l'ospedale. Voglio che lei mi procuri un appuntamento.
Alla fine, la direttrice dell'ospedale si era rivelata altrettanto difficile. John aveva riflettuto sulla situazione con sua moglie: avrebbe dovuto rinnovare il suo contratto con l'ospedale entro le due settimane successive e aveva deciso di non farlo. Ha lasciato l'ospedale in termini amichevoli e a tutt'oggi non serba risentimento a livello personale: la sua spiegazione è semplicemente che la sua vita aveva preso un'altra direzione. Preferiva ricordare il St. Helena per quello che era: un luogo dove si era sentito a casa per sedici anni, ma anche un luogo <<totalmente dominato dal business dei farmaci>>.
Attualmente McDougall conduce con l'aiuto della sua famiglia un fortunato programma di "medicina collegata allo stile di vita", scrive un'apprezzata newsletter che diffonde gratuitamente (http://www.drmcdougall.com), organizza gite di gruppo con i suoi ex pazienti e con i nuovi amici a ha più tempo per andare a praticare il windsurf quando si alza il vento a Bodega Bay. McDougall è un uomo in possesso di una grande quantità di competenze e qualifiche che potrebbe mettere a vantaggio della salute di milioni di americani. Non ha mai avuto opposizione da parte dei suoi colleghi per "cattiva condotta" come medico e tuttavia la medicina istituzionalizzata non richiede i suoi servizi. Episodi come questo gli capitano di continuo:
<<Venivano in studio pazienti con l'artrite reumatoide. Erano in sedia a rotelle, non riuscivano neppure a girare la chiave di accensione della macchina. Io li prendevo in cura e, tre o quattro settimane dopo, tornavano dal loro medico curante a farsi visitare. Ci andavano a piedi, gli prendevano la mano e gliela stringevano forte. Il medico diceva: "Fantastico!". Il paziente entusiasta dichiarava: "Voglio proprio dirle cosa ho fatto. Sono andato dal dott. McDougall, ho cambiato alimentazione e ora la mia artrite se n'è andata". A quel punto il medico diceva: "Santo cielo, ma è magnifico! Qualsiasi cosa stia facendo, continui così. Ci rivediamo presto".
Questa era sempre la risposta, e mai una volta: "Per favore, la prego, mi dica cos'ha fatto, così posso dirlo al prossimo paziente". Invece il ritornello era sempre:"Qualsiasi cosa stia facendo, è magnifico!". Se il paziente cominciava a raccontare che è passato a una dieta vegetariana, il dottore lo interrompe bruscamente:"Si, d'accordo, lei è davvero una persona forte. Grazie mille e arrivederci". E si viene accompagnati alla porta con la massima velocità. E' molto inquietante, davvero allarmante>>.
Questo che sembra un racconto è semplicemente la realtà e non solo in America, ma in tutta la Terra.
Ho tratto questo articolo dal "The China Study", un bestseller mondiale, scritto dal Dr. T. Colin Campbell e da suo figlio Thomas M. Campbell II. Essi sono due famosi scienziati ricercatori, che hanno passato la loro vita cercando le soluzioni più idonee per curare gli ammalati, approdando a cure alternative naturali, che sostituiscono egregiamente molte medicine.
Inoltre, con i loro consigli sull'alimentazione, riescono a far regredire patologie gravi, come cardiopatie croniche, diabete del tipo 2, infiammazioni gastrointestinali, artriti, ecc.
Questo senza alcun effetto collaterale, al contrario di tutte le medicine, che hanno sempre effetti collaterali, spesso molto gravi.
Vi auguro una vita meravigliosa, in salute ed armonia.........
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